martedì 22 giugno 2010

Castrizio e la storia di Reggio

Non è facile fare cultura a Reggio. Anche se sentiamo parlare sempre più spesso di iniziative culturali, di mostre, di meeting o convegni e quant'altro in pochi riescono a suscitare l'interesse delle persone comuni, o dei "non addetti ai lavori". Il prof. Castrizio invece con il romanzo storico "Demetrio il bizantino" prima e con la bella iniziativa de le "Cinque storie reggine" poi è riuscito a coadiuvare la sua passione per la storia con l'amore verso la nostra città, dimostrando come la storia non sia qualcosa di appassito o di inerte.

Nei cinque romanzi in questione (tutti scaricabili gratuitamente dal blog del prof. Castrizio al sito www.reggioneisecoli.blogspot.com) protagonista è la popolazione reggina, con le sue continue sofferenze per le invasioni subìte (dei vandali ne "Il tesoro dei Vandali", dei cartaginesi in "Tris Nika", dei crotoniati ne "La spada di Oreste" e infine dei normanni ne "La croce di Calabria"), ma anche con il suo grandissimo coraggio e forza d'animo che le impedivano di arrendersi senza combattere strenuamente. Quanti di noi oggi difenderebbero la nostra Reggio così come fecero i nostri antenati di fronte ai ripetuti assalti dei Cartaginesi nel 215 a.C.? E quanti sarebbero oggi in grado di reagire ai soprusi dei Normanni per riaffermare la propria cultura ed identità? Eppure di motivi per ribellarci ne avremmo parecchi verso quei politicanti che si vantano delle loro origini celtiche...

Ma la storia che più di tutte mi ha affascinato è stata quella intitolata "Pitagora il bronzista di Reggio", non solo per il contesto della polis reggina ma soprattutto per la ricostruzione della vita di Pitagora, scultore e bronzista reggino vissuto nel V sec. a.C. a cui il prof. Castrizio attribuisce la paternità dei Bronzi di Riace e della Testa del filosofo Pitagora di Samio. Pitagora, dopo l'emigrazione nel Peloponneso, riuscì a costruirsi un illustre fama di scultore e bronzista di figure mitiche e degli atleti vincitori alle gare sacre ad Olympia. Gli Argivi gli proposero allora un ambizioso progetto: la creazione di un gruppo statuario che avrebbe dovuto raffigurare il duello dei fratelli Eteocle e Polinice, narrato nella famosa tragedia di Eschilo dei "Sette contro Tebe". La descrizione che il prof. Castrizio ci fa delle intenzioni dell' artista reggino sfiora la poesia per chi, almeno una volta, si è perso nella contemplazione dei due guerrieri bronzei:

'Pitagora aveva deciso che i due contendenti fossero effigiati in una posa molto simile, per mostrare il loro essere fratelli; Polyneikes, in ossequio al nome che significa "dalle molte contese" ed al suo carattere avrebbe esibito la fredda determinazione che lo aveva spinto a muovere guerra contro la sua stessa patria grazie ad un ghigno sarcastico, mostrando dei denti d' argento nella bocca semichiusa. Eteoklés, invece, sarebbe stato consapevole del destino di morte che gravava su di lui e sul fratello, assumendo un atteggiamento riflessivo, che mal si adatta a chi sta per iniziare un duello all'ultimo sangue e che, perciò, avrebbe colpito chi avesse guardato le statue con un minimo di attenzione'.

I due Bronzi furono l'ultima opera che Pitagora di Reggio portò a compimento. E nella storia di questo grande artista che partì da Rhéghion povero e sconosciuto ma con la speranza di tornare nella sua patria possiamo intravedere il destino, le speranze e l'amore per la propria città di molti reggini costretti ad allontanarsi dalla loro terra. Basta poco, come una semplice lettura di questi splendidi romanzi storici del prof. Castrizio, per far svegliare in noi l'orgoglio per la nostra identità culturale e l'interesse per la storia della nostra città che, come giustamente sottolinea Daniele Castrizio, 'è come una miniera che ancora aspetta di essere valorizzata".

martedì 15 giugno 2010

Adorno e l'impiego musicale della radio

L' estetica musicale e la musicologia sono dei settori della filosofia quanto mai sottovalutati. A farmi dire questo non è solo la grande passione che ho per entrambe (musica e filosofia), ma il significato che il fenomeno musicale ha per la nostra esistenza. 'Senza musica la vita sarebbe un errore' scriveva Nietzsche nel "Crepuscolo degli idoli": come dargli torto?

Ma mettiamo da parte la visione romantica della musica per vedere cosa accade oggi. Nello scritto di Theodor Adorno "Il fido maestro sostituto" un capitolo è riservato all'odierno impiego musicale della radio. Per Adorno la tecnicizzazione a cui la musica è costantemente sottoposta se da un lato ne può incrementare le potenzialità espressive dall' altro 'la mette a disposizione di quella ideologia sociale che si richiama al cliente (cioè alla massa degli ascoltatori) per renderla ancora più flessibile alla volontà di dominio e al conformismo che questa sottintende'. La dimensione più autentica dell'esecuzione musicale è e resterà quella dal vivo: soltanto essa mantiene intatta l'enfaticità e l' auraticità propria di una composizione. Con l' auraticità Adorno si rifà alla definizione di Benjamin che lega indissolubilmente il valore di un'opera d'arte al singolo momento e allo spazio circoscritto in cui essa prende forma. Le conseguenze più importanti della tecnicizzazione e dell'ubiquità della musica contemporanea sono da un lato la perdita dell' aura dell'opera d'arte concepita come qualcosa che sconvolge e sta al di sopra della dimensione quotidiana del tempo, e dall' altro la standardizzazione del fenomeno musicale trasformato in una pallida copia di sè stesso ed in un qualsiasi prodotto commerciale.

Un' altra importante conseguenza della musica trasformata in un'industria produttiva è l' eccesso di produzione che può indurre l'ascoltatore alla saturazione. Si tratta dell'altra faccia della medaglia del progresso tecnico: se da un lato tutti noi siamo pronti a lodare la tecnologia che ci consente di avere in meno di un minuto qualsiasi album da noi desiderato, dall'altro non possiamo negare che tutta questa accessibilità, facilità e ingenuità con cui possiamo disporre della musica ne impedisce un ascolto serio e approfondito. La definizione comune della "musica usa&getta" è quanto mai appropriata.

Colpevolizzare la tecnica di tutto ciò sarebbe un comportamento miope oltre che anacronistico. Secondo Adorno 'la standardizzazione ha la sua causa tecnica nel fatto che il prodotto ripartito tra le masse nasce da una fonte che fornisce a tutti la stessa cosa. Ma ciò che nasce da questo, la virtuale standardizzazione della coscienza, dipende a sua volta dal sistema nel cui ambito vengono propagati gli stimoli standardizzati, dipende dalla potenza di dominio che si cela dietro i mezzi di comunicazione, le condizioni d'ascolto e i comportamenti sedimentati di coloro che accettano tutto questo'. L'opera d'arte riprodotta meccanicamente non è soltanto la negazione dell'opera d'arte auratica intesa come oggetto di culto: l'opera d'arte nega sè stessa, perdendo la propria autonomia e diventando un bene di consumo, manipolato, massificato. Spetta a noi, attraverso un recupero sincero dell' arte autentica e vera, guidato dalla filosofia storica dell'arte, restituire alla musica la sua originaria estaticità e la sua autonomia da qualsiasi ideologia e interessi vigenti.

lunedì 7 giugno 2010

Marcuse e le nuove forme di controllo

Quotidianamente, sfogliando un giornale o accendendo la tv, veniamo assediati dalle stesse notizie. Siamo letteralmente assuefatti a furia di sentire parlare di crisi economiche e politiche, guerre, disastri ambientali da non farci più caso. Qualche risposta sul perchè di ciò l'ho trovata nel testo di Herbert Marcuse, "L'uomo a una dimensione", che ovviamente vi consiglio.

Per Marcuse la nostra società è irrazionale non soltanto per i mali e le contraddizioni che la pervadono, ma soprattutto per quella subdola, confortevole e democratica "non-libertà" che ci offre. Così scrive Marcuse: 'L'indipendenza del pensiero, l'autonomia e il diritto alla opposizione politica sono private della loro fondamentale funzione critica in una società che pare sempre meglio capace di soddisfare i bisogni degli individui grazie al modo in cui è organizzata'. In questo senso è venuta meno soprattutto la funzione critico-negativa del pensiero filosofico che, lungi dall'essere una cura superficiale delle contraddizioni della società, per la sua essenza deve contestarla, mettendo in evidenza sia i mali che hanno attecchito alle sue radici, sia le possibilità concrete di un suo miglioramento. Secondo Marcuse, le potenzialità offerteci dalla tecnica potrebbero realizzare "uno dei più grandi successi della civilità": liberare l'uomo da ciò che domina su di esso e ne determina l'intera esistenza, ovvero dalla quotidiana lotta economica per la vita, da una politica su cui non ha alcun controllo effettivo, dalla comunicazione e dall'indottrinamento di massa.

Marcuse ammette l'irrealizzabilità di questo progetto ma, se riuscissimo a vedere da un'altra prospettiva la nostra esistenza potremmo renderci conto che la maggior parte dei nostri bisogni e delle nostre aspirazioni sono "falsi". 'I bisogni falsi -scrive Marcuse- sono quelli che vengono sovrimposti all'individuo da parte di interessi sociali particolari cui preme la sua repressione: sono i bisogni che perpetuano la fatica, l'aggressività, la miseria e l'ingiustizia. La maggior parte dei bisogni che oggi prevalgono, il bisogno di rilassarsi, di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo con gli annunci pubblicitari, di amare e odiare ciò che altri amano e odiano, appartengono a questa categoria di falsi bisogni'. Ma in cosa consistono i bisogni veri?

Per Marcuse sono quei bisogni che l'individuo può scegliere veramente in maniera autonoma, ovvero solo se e quando è libero di decidere. Infatti la caratteristica essenziale della società industriale è il modo con cui riesce a soffocare i bisogni autentici degli individui, mentre nel contempo alimenta e consolida il suo dominio instillando dei modelli e dei bisogni socialmente utili ('il bisogno ossessivo di produrre e consumare fino allo spreco, il bisogno di lavorare sino all'istupidimento, il bisogno di mantenere libertà ingannevoli come la libera concorrenza, una stampa libera che si censura da sola, la scelta libera tra marche e aggeggi vari'). L'individuo è talmente preso dal meccanismo sociale in cui è inserito da non rendersi conto della manipolazione a cui è sottoposto; egli è in completa mimesi con la sua società e perde così l'unica possibilità di opporsi a ciò che lo sovrasta, ovvero il pensiero, la dimensione "interiore" della mente.

Questo pensiero a una dimensione è ovviamente portato avanti con ogni sforzo dai politici e dai potenti, gli stessi che danno il lavoro e che "informano" il popolo attraverso i mass-media, col preciso scopo di far sembrare qualsiasi ostacolo passeggero, di darle l'impressione che tutto può cambiare quando invece niente deve cambiare. I mezzi per controllare e per contenere le forze della società che potrebbero ribellarsi sono, come abbiamo già detto, i bisogni e le aspirazioni degli individui. Più la società industriale riesce a far proprie la scienza e la tecnologia tanto più questa sarà in grado di sfruttare l'uomo e le risorse della natura per i suoi scopi. E quando la dominazione assume 'le sembianze dell'opulenza e della libertà essa si estende a tutte le sfere dell'esistenza privata e pubblica, assorbendo in sè ogni alternativa'.

Concludo citando il soggetto individuato da Marcuse per fare da traino per il superamento di questa società a una dimensione, ovvero ciò che sta 'al di sotto della base popolare conservatrice: il sostrato dei reietti e degli stranieri, degli sfruttati e dei perseguitati, dei disoccupati e degli inabili. La loro presenza prova quanto sia immediato il bisogno di porre fine a condizioni ed istituzioni intollerabili. La loro opposizione colpisce il sistema dal di fuori; è una forza elementare che viola le regole del gioco, e così facendo mostra che è un gioco truccato. Il fatto che essi incomincino a rifiutare di prendere parte al gioco può segnare l'inizio della fine di un periodo'.