lunedì 31 maggio 2010

Dennis Hopper: Easy rider, libertà e paura

"Easy rider" non è solo un film. E' il simbolo di un periodo storico e del movimento hippy che ha ampiamente influenzato quello che siamo oggi. Come giustamente sottolinea Mikal Gilmore dalle pagine di "Rolling Stone" ciò che successe intorno al 1967 è ancora con noi, che ci piaccia o meno. Molto è stato assimilato (la libertà sessuale, la tolleranza verso i cambiamenti nelle convinzioni politiche, la promozione della libertà individuale), tuttavia 'gran parte della nostra storia è stata una reazione, uno sforzo per respingere gli spiriti della trasformazione e della resistenza a quel periodo, per essere certi che nulla di simile possa succedere di nuovo'. Questa premessa di carattere storico era doverosa per contestualizzare al meglio "Easy rider" e per mettere in risalto cosa rappresenta.

Tutto inizia con Billy (Dennis Hopper) e Wyatt (Peter Fonda) che fanno da corrieri della droga per un giovane "altolocato". Il ricavato dell'operazione ha un'unica destinazione: partire, andare lontano, rigorosamente in sella a due chopper. Dopo il simbolico gesto di rottura di Wyatt che scaglia l'orologio il viaggio inizia. Più che la trama a rivelarci il senso del film sono gli incontri che i due protagonisti fanno durante il loro viaggio. Il primo è quello con l'hippy che chiede loro un passaggio per ritornare alla sua comunità. Qui possiamo toccare con mano gli ideali della controcultura del '67: la condivisione, l'amore privo dei vincoli e delle costrizioni sociali, il ritorno alla natura, la droga come fattore unificante ("Quando sarai nel posto giusto con le persone giuste dividetevi questo" dice l'hippy a Wyatt mentre gli dà un acido), la speranza dei giovani di migliorare una società opposta ai loro valori e che li isola ai suoi margini (gli hippy vivono nel deserto e cercano disperatamente di coltivare qualcosa per sopravvivere).

Il ritorno alla "realtà" è brusco sia paesaggisticamente (il passaggio dalle sterminate pianure del deserto alla città) che metaforicamente: Billy e Wyatt vengono arrestati per aver preso parte alla sfilata di una banda in una piccola cittadina. In carcere però fanno una nuova conoscenza con George Hanson (Jack Nicholson). Dopo i primi screzi superficiali (George è un avvocato finito dentro per aver alzato un pò troppo il gomito), fra i tre nasce una sincera amicizia e decidono di partire assieme alla volta di New Orleans in occasione del Martedì grasso.

Il loro progetto però è destinato a infrangersi contro l'intolleranza e la chiusura mentale della cultura conservatrice americana piccolo-borghese. La scena del caffè, gli insulti che i giovani si prendono dallo sceriffo e da altri paesanotti ("Che sono, delle scimmie?";"Facciamoli accoppiare con una battona negra! No, sarebbe troppo per loro") e l'assalto notturno che costerà la vita a George fotografano con crudezza lo scontro fra due generazioni diverse: i genitori che erano convinti che i loro figli avrebbero affermato l'universale valore americano della ricchezza e che avrebbero scongiurato la minaccia comunista anche con la vita (guerra del Vietnam) ed i figli che aveano programmi differenti. Sarà lo stesso George a dire: "Non hanno paura di voi, ma di quello che rappresentate: la libertà".

Dopo la tragica morte del loro amico Billy e Wyatt decidono di raggiungere lo stesso la loro destinazione. Arrivati a New Orleans passeggiano per le vie della città in festa accompagnati da due prostitute e dopo aver preso l'acido in un cimitero iniziano ad avere delle enigmatiche visioni. Alcune di esse riguardano la paura della morte, di quella morte da cui quotidianamente cerchiamo di fuggire perdendoci nelle nostre preoccupazioni. Altre visioni, accompagnate da preghiere, lamenti e da un profondo senso di smarrimento spirituale ed esistenziale, mettono in risalto la totale mancanza di punti di riferimento nella nostra vita (nessuna certezza ci è data, nè la religione, nè la ragione e neanche la ricchezza possono dare al nostro smarrimento alcun conforto).

Arriviamo così al tragico finale: l' uccisione di Billy e "Capitan America" per opera di altri due bifolchi simboleggia il duro scontro e l'inevitabile fallimento della cultura hippy contro una realtà che andava verso una direzione completamente opposta.

In memoria di Dennis Hopper (1936 - 2010)

giovedì 27 maggio 2010

Schopenhauer e la felicità

Potrebbe sembrare una contraddizione parlare di felicità in Schopenhauer. Ma la ricerca della felicità rappresenta il naturale sviluppo del suo pensiero proprio perchè l'unica possibilità che l'uomo ha per vivere felicemente è essere consapevole della sofferenza e del dolore per cercare di evitarli. Vediamo allora in cosa consiste la felicità per Schopenhauer.

Il primo elemento è la salute, intesa non soltanto come benessere fisico ma anche come salute mentale, ovvero un temperamento calmo, un' 'intelligenza penetrante, una volontà moderata e flessibile, una coscienza tranquilla'. Tutte queste capacità hanno un valore incommensurabile rispetto alle ricchezze materiali perchè mentre quest'ultime sono sempre soggette ai capricci del destino, la nostra personalità, ovvero ciò che noi siamo, non può esserci sottratta. Il che non implica l'indifferenza verso il guadagno di ciò che ci spetta, bensì che non dovremmo desiderare la sovrabbondanza di ricchezze (che anzi portano con sè preoccupazioni per la loro conservazione). Per questo per Schopenhauer la 'più grave stoltezza è sacrificare la propria vita per il guadagno, per la carriera, per la fama o per i piaceri effimeri'.

Una vita felice corrisponde allora ad una vita serena, ovvero nel cercare di sfuggire alle sofferenze, ai turbamenti e ai dolori. 'I piaceri sono e restano - dice Schopenhauer - qualcosa di negativo [...]. I dolori invece devono essere percepiti positivamente: la loro assenza è il criterio per valutare una vita felice'. Per superare i due grandi nemici della felicità, ovvero il dolore e la noia, Schopenhauer suggerisce di limitare le nostre aspirazioni: in questo modo da un lato ci esponiamo di meno alle preoccupazioni, ai desideri e alle paure, e dall'altro impariamo a valorizzare ciò che è più importante per la nostra serenità: ovvero 'lo sviluppo di un carattere nobile, di una mente capace, di un temperamento gioviale, di un animo sereno, di un corpo perfettamente sano'.

Possedere tutte queste caratteristiche vuol dire per Schopenhauer bastare a sè stessi. Ciò consente inoltre di vivere sottraendosi alle illusioni, alle sofferenze e alle menzogne quotidiane della vita sociale. Per il filosofo la socievolezza è un 'espediente di cui gli uomini si servono per dare sollievo al proprio vuoto spirituale'. Tuttavia è molto difficile trovare in sè stessi la felicità a causa dell'influenza sulla nostra volontà della sensibilità e dell'irrequitezza che ci portano a cercare nelle relazioni con gli altri quegli stimoli e quelle distrazioni per rendere più sopportabile la nostra vita.

Infine, le ultime due capacità che contraddistinguono l'uomo felice e sereno secondo Schopenhauer sono la calma ed il coraggio. La prima consiste nel rapportarsi alle nostre gioie e dolori senza farsene travolgere. Si tratta dell'atteggiamento degli stoici per cui l'uomo 'non deve essere mai dimentico della condizione umana, ma deve essere sempre memore che l'esistenza umana è una ben triste e miseranda sorte'. E proprio per questo motivo accanto alla prudenza Schopenhauer pone il coraggio di vivere, perchè 'in questo mondo bisogna avere un carattere di ferro, corazzato contro il destino e armato contro gli uomini. L'intera vita è una battaglia e il nostro motto deve essere: "Non cedere ai mali, ma affrontali con audacia" (Virgilio, Eneide)'.

sabato 22 maggio 2010

Carotenuto, il gioco delle passioni

Parlando poco fa col mio amico Andrea di Aldo Carotenuto ho avuto la voglia di rendere omaggio a questo autore ed in particolare a questo testo che significa molto per me. Questo libro, sebbene affronti un argomento di per sè tumultuoso come le passioni, riesce a farne luce con grandissima lucidità ed efficacia. Così esordisce Carotenuto nella sua prefazione:

Scrivere degli avvenimenti quotidiani significa parlare degli uomini e delle loro passioni; dei loro giochi e dei loro amori, delle loro ire e dei loro successi, dei loro ripensamenti e delle loro sconfitte. [...] Tutto nasce da quel terreno condiviso che ognuno possiede quale retaggio della comune appartenenza al genere umano: i sentimenti, le passioni.

Carotenuto prende in esame l'amore secondo la classica dialettica di Eros e Pathos, senza però cadere nella stereotipata contrapposizione fra impulsività e ragione. Ecco il pensiero dell'autore a riguardo:

L'amore razionale, senza ombra di follia e che non registri alcun picco di eccesso, forse non esisterà mai. [...] La dimensione amorosa rappresenta un vortice di emozioni che sfuggono a ogni tentativo di sottomissione compiuto da parte nostra.

Il che non vuol dire fare dell'amore una forza impulsiva, irrazionale, animalesca dato che gli "istinti" sessuali non rappresentano altro che 'le più rudi fondamenta di un edificio che, invece vede svettare su di sè necessità ben più elevate, psichiche e spirituali'.

Tuttavia, accanto alla felicità e alla forza che l'amore portà con sè ('essere amati significa essere pensati,e la consapevolezza di ciò rende invincibili: è questa la sorgente della felicità'),
si nasconde sempre la possibilità che tutto questo finisca, sia per l'imprevedibilità della nostra esistenza sia per il fatto che nulla è eterno, sopratutto nel campo dei sentimenti. Spiega Carotenuto:

Amore e sofferenza sono termini inscindibili, perchè il sentimento amoroso è in realtà qualcosa di primitivo, di indomabile, selvaggio. Proprio per questa ragione, la sfera dei sentimenti è quella che può procuraci- oltre alla gioia- la peggiore delle sofferenze e il più straziante dei dolori.

Per non lasciarsi travolgere e non restare inermi di fronte al temporale delle passioni cosa possiamo fare allora? ' Nonostante sia difficile da accettare - scrive Carotenuto - è essenziale comprendere che anche i sentimenti si esauriscono: nascono, crescono e poi, più o meno prematuramente muoiono'.

Non possiamo controbattere a questa analisi, d'altro canto è un'opinione condivisa quella che considera l'innamoramento iniziale come una scintilla, un breve lampo che dopo qualche tempo cambia forma, venendo sostituto da altri sentimenti o necessità nella relazione amorosa. Infatti:

Se i rapporti d'amore fossero sempre felici e costituissero una fonte inesauribile di serenità, tutto andrebbe per il meglio, purtroppo però la vita ci insegna che la situazione non è mai questa. In genere le relazioni falliscono, si modificano fino ai limiti della storpiatura e la persona che rappresentava tutto il nostro mondo può diventare il più crudele dei persecutori, il motivo della nostra disperazione. Ogni amore che finisce implica sempre grande sofferenza, soprattutto quando la fiamma della passione si spegne solo su un versante della relazione, continuando ad ardere e brillare dall'altro.

Passiamo a prendere in esame una tipica caratteristica delle relazioni amorose: la gelosia. Per Carotenuto essa è un vero e proprio stato patologico, molto difficile da gestire. Infatti:

essere innamorati significa essere coinvolti fino al punto di considerare l'altra persona come un "oggetto" di nostra proprietà. [...] Soprattutto quando la sensazione di possesso genera l'illusione di avere dei diritti sull'altra persona, può accadere che il desiderio di preservarla solo per noi si trasformi in un'autentica ossessione. La gelosia rappresenta quindi un'emozione pericolosa, perchè può facilmente sfuggire al nostro controllo e produrre conseguenze disastrose per la coppia.

In sintesi, per vivere serenamente e pienamente il nostro sentimento amoroso dovremmo depotenziare la gelosia sino al punto di renderla inoffensiva. Ma come è possibile realizzare ciò?
Non facendoci tormentare dalle nostre insicurezze e dall' angoscia di essere abbandonati, scoprendo il valore della sincerità e della fiducia verso il partner, rispettando il suo spazio e la sua autonomia.

Concludo, poichè forse mi sono dilungato troppo, ritornando su un punto di cruciale importanza nella dinamiche amorose: la sottile distanza fra amore e sofferenza. Certo, le delusioni e le sofferenze in amore, e la conseguente paura di soffrire di nuovo, sono le più dure da digerire ma questo non può essere un motivo sufficiente per precludersi ciecamente nuove possibilità. Perchè? Lasciamo rispondere, e concludere, a Carotenuto stesso:

Lasciarsi travolgere dai sentimenti significa essere pronti a ricevere tutto ciò che di bello, ma anche di triste e doloroso, un rapporto può riservarci. [...] L'amarezza e la delusione che possiamo provare quando gli eventi non seguono il corso da noi desiderato, possono a volte indurci a pensare che sia più utile proteggere la nostra anima, piuttosto che esporla al rischio di un rifiuto. Ma in amore, accettare la coesistenza di gioie e dolori, di successi e di frustrazioni, rivela la presenza in noi di uno straordinario strumento: il coraggio di vivere.

giovedì 20 maggio 2010

Presentazioni..

Non abbiate paura, il titolo di questo blog non è una minaccia o una condanna. Si tratta di una piccola provocazione riferita a tutti quelli che pensano alla filosofia come a qualcosa di astratto e inutile o come una setta per quei pochi pazzi che riescono a comprendersi a vicenda.

Penso che siamo tutti filosofi, ciascuno a modo suo, perchè ognuno di noi ha un proprio modo di pensare, di interpretare la realtà che determina tutte le nostre aspirazioni, comportamenti e azioni. Così scriveva il caro Benedetto Croce nella sua "Filosofia della pratica":

Non è vero che vi siano uomini d'azione distinti dagli uomini di pensiero, l'uomo teoretico è anch'esso uomo pratico; vive, vuole, opera, come tutti gli altri: l'uomo che si è detto pratico, è anch'esso teoretico; contempla, crede, pensa, legge, scrive, ama la musica e le altre arti. Le opere del puro spirito pratico, viste un pò più da vicino si svelano grandemente complesse e ricche di elementi teoretici: meditazioni, ragionamenti, contemplazioni ideali; - e le opere del puro spirito artistico o filosofico, si mostrano prodotto insieme di volontà, perchè senza volontà non si fa nulla.

Con queste semplici quanto efficaci parole di Croce vi lascio. Avrete modo di conoscermi meglio dai prossimi interventi, anche perchè non si parlerà solo e soltanto di filosofia.

A presto!