lunedì 18 marzo 2013

Odo

Per tanto tempo ho pensato, a la Wackenroder, che la musica poco tollerasse non solo di essere "spiegata" ma anche soltanto di essere accostata a delle parole. Eppure un magistrale accostamento ha fatto vacillare questa mia convinzione: chissà che non succeda lo stesso anche a voi.



Diffugere nives, redeunt iam gramina campis
arboribusque comae;
mutat terra vices et decrescentia ripas
flumina praetereunt;
Gratia cum Nymphis geminisque sororibus audet
ducere nuda choros.

Immortalia ne speres, monet annus et almum
quae rapit hora diem.
Frigora mitescunt Zephyris, ver proterit aestas,
interitura simul
pomifer autumnus fruges effuderit, et mox
bruma recurrit iners.
Damna tamen celeres reparant caelestia lunae:
nos ubi decidimus
quo pater Aeneas, quo dives Tullus et Ancus,
pulvis et umbra sumus.
Quis scit an adiciant hodiernae crastina summae
tempora di superi?
Cuncta manus avidas fugient heredis, amico
quae dederis animo.

--

La neve si dilegua e tornano l'erba nei campi,
sugli alberi le foglie;
muta aspetto la terra e i fiumi in stanca
scorrono fra le rive;
la Grazia allora gioca a guidare ignuda la danza
delle sorelle e delle ninfe.

Non illuderti d'essere immortale, t'ammoniscono
gli anni e i giorni che passano in un attimo.
Mitiga il vento il gelo a primavera e questa
la estingue l'estate che fugge,
poi quando l'autunno avrà dato i suoi frutti e le biade,
torna l'inverno senza vita.
Ma rapida la luna ripara i danni del cielo:
noi quando cadiamo nel buio,
dove si trovano il padre di Enea, Anco e il ricco Tullo,
non siamo che polvere e ombra.
E non sappiamo se gli dei del cielo raggiungeranno
un domani ai giorni passati.
Tutto ciò che per tua gioia avrai concesso a te stesso
sfugge all'avida mano dell'erede.

Q. Orazio Flacco, Odi, IV 7