sabato 21 settembre 2013

Majakovskij

Esco di casa.
C’è acqua alta.
Una marea rossa si spande fino ai miei piedi.
‘Devo mettermi gli stivali’, penso.
Torno indietro e un vecchietto sdentato con un pastrano tutto sgualcito mi chiama.

“Pss! – inizia a dirmi – Dal tetto stillano lacrime nelle grondaie,
disegnando strisce verso il braccio del fiume;
e nelle labbra penzolanti del cielo
si sono ficcati capezzoli di pietra.
Il cielo, ormai calmo, s’è rischiarato.
Brilla il piatto del mare”.

Forse è meglio andare.
Arrivo al Ponte dell’Accademia.
L’acqua è rientrata, ma in compenso dal cielo inizia a discendere un enorme martello, grossomodo come quelli del video di The Wall dei Pink Floyd.
Mi s-c-c-c-c-h-i-a-c-c-i-a!

Mi sveglio.
Devo smetterla di leggere Majakovskij.


Non capiscono niente

Entrato dal barbiere, ho detto normalissimo:
"Prego, pettinatemi le orecchie".
Il liscio barbiere si fece allora tutto aghiforme,
la sua faccia si allungò come una pera.

"Pazzo!
Buffone!":
presero a saltare le parole.
Gl'insulti rimbalzavano di guaito in guaito.
E a l-u-u-u-u-n-g-o
una testa ridacchiò di chissà chi,
sradicandosi dalla folla, come un secco ravanello.



Sono stufo


Non ce l’ho fatta più seduto in casa.
Annenski, Tiutcev, Fet.
Di nuovo,
spinto da nostalgia per la gente,
giro
per cinematografi, bettole, caffè.

Davanti a un tavolino.
Un bagliore.
Una speranza m’illumina lo stupido cuore.
Se, in una settimana,
così s’è trasformato il russo,
gli avvamperò le guance col fuoco delle labbra.

Sollevo gli occhi circospetto,
frugo nel mucchio di giacche.
"Torna indietro,
in-dietro,
i-n-d-i-e-t-r-o!":
grida dal cuore la paura.
Scorre per il volto sfiduciata e importuna.

Non le do retta.
E vedo,
un poco a destra,
ignota alla terraferma e agli abissi marini,
tutta intenta intorno a uno zampetto di vitello,
una misteriosissima creatura.
Guardi e ti chiedi: mangia o non mangia?

Guardi e ti chiedi: respira o non respira?
Due metri di sfoglia rosea senza sembianze:
ci fosse almeno ricamata in un angolo una sigla!

Soltanto, ondeggiano ricadendo sulle spalle
Le morbide pieghe delle guance lustre.
Il cuore, fuori di sé,
fa fuoco e fiamme.
"Torna indietro, insomma!
Che cerchi ancora?"

Guardo a sinistra.
Da restare senza fiato.
Torno a guardare il primo, ed è già un altro:
a confronto del secondo mostro,
il primo è un Leonardo da Vinci redivivo.

Non ne esistono di uomini.
Lo comprendete, ora,
il grido di mille giorni di pena?
L’anima non vuole camminare muta,
ma a chi parlare?

Mi getterò per terra,
e sulla crosta della pietra
a sangue triterò la faccia, lavando di lacrime l’asfalto.
Con le labbra esauste dal desiderio d’una carezza
Coprirò di baci il muso intelligente del tram.

Me ne tornerò a casa.
M’incollerò alle tappezzerie.
Dove trovare una rosa più tenera e più tea?
Vuoi
che ti legga
il variopinto
Semplice come un muggito?

Per la storia:
quando tutti si saranno piazzati in paradiso e all'inferno,
si tireranno le somme della terra.
Ricordate?
Nell’anno 1916
a Pietrogrado, di belli non ce n’era più nessuno.