Un personaggio palesatosi spesso tra le pagine di questo blog ebbe a dire:
Nell'arte
del linguaggio si chiama metafora ciò che ''non si usa in senso
proprio''. Perciò le metafore sono le perversioni del linguaggio e
le perversioni sono le metafore dell’amore (K. Kraus, Detti e contraddetti)
Francesco Cusa è un vero e proprio pervertito del linguaggio. Questo unabomber della parola si diverte a innescare un corto circuito linguistico dietro l'altro, mostrando come anche i termini più logori ed i modi di dire più comuni possano sorprenderci, farci ridere o riflettere. Cusa è dunque molto vicino al Wittgenstein delle Ricerche filosofiche che scriveva:
Pensa agli strumenti che si trovano in una cassetta di utensili: c’è un martello, una tenaglia, una sega, un cacciavite, un metro, un pentolino per la colla, la colla, chiodi e viti. – Quanto differenti sono le funzioni di questi oggetti, tanto differenti sono le funzioni delle parole. (E ci sono somiglianze qui e là). Naturalmente, quello che ci confonde è l’uniformità nel modo di presentarsi delle parole che ci vengono dette, o che troviamo scritte e stampate. Infatti il loro impiego non ci sta davanti in modo altrettanto evidente. Specialmente, non quando facciamo filosofia! (Ricerche filosofiche, Einaudi 1983, p. 15).
E ancora, sempre Wittgenstein:
Noi
combattiamo contro il linguaggio. Siamo in
lotta contro il linguaggio. Se penso per
me solo, senza voler scrivere un libro, mi metto a saltare intorno al
tema; questo è l’unico modo di pensare che mi sia naturale. È un
tormento per me pensare a lungo in una direzione forzosa. A questo
punto, devo proprio tentarlo??
Io spreco
indicibili fatiche per dare ai miei pensieri un ordine che forse
non ha proprio nessun valore. (Pensieri Diversi, Adelphi 1980, pp. 60-61)
Piccolo aneddoto: Wittgenstein era un discreto pianista nonché fratello di Paul Wittgenstein. Mi piace pensare che questo pensiero sia stato ispirato al filosofo proprio dalla fatica del musicista che, dopo aver improvvisato e trovato qualcosa di interessante, si sente costretto ad incanalare questa sua scoperta in una forma o struttura condivisa e riconoscibile dagli altri. Cusa conosce molto meglio di me tutto questo processo, essendo batterista e compositore. E non è un caso che egli sappia sfruttare l'aforisma con una precisione chirurgica, calibrando ogni singola parola per arrivare all'effetto desiderato. Del resto ''uno che sa scrivere aforismi non dovrebbe disperdersi a fare dei saggi'' (Kraus). Non mi resta che lasciarvi nelle sue mani.
Francesco Cusa, Ridetti e ricontraddetti (Carthago 2016, http://www.libreriauniversitaria.it/ridetti-ricontraddetti-cusa-francesco-carthago/libro/9788898721467)
Inanismo: Vacuità esistenziale nel nano.
Delirio speculativo nel commercialista: Critica della Ragioneria Pura.
Ovviamente: dire palesemente bugie.
Piatto cannibale: L'inguine alle vongole.
Chi disprezza compàra.
Il contrario di Entropia è Escosacrilega.
Un'orata ci vuole per cucinare un pesce.
Ipertrofie al pesto: pantagruelico piatto ligure.
- ''Ciao sei un jazzista mainstream medio italiano?''
- ''What man?''.
- ''Dico, sei italiano, suoni jazz moderno, ti piace Sun Ra?
- ''Sorry man, I don't understandard''.
- ''Sorry man, I don't understandard''.
Vivere costantemente sull'orlo della contraddizione, con la dignità del faro e del mare in tempesta.
Non si può invidiare ciò che non si conosce. Si conosce ciò che non si invidia.
Forsennato: folle alla frenetica ricerca di una conferma della sua medesima (o di qualche natività).
''E' tutto un magma magma'' (considerazioni fra vulcani sullo stato clientelare delle cose).
Stress e nevrosi nelle carni bianche. ''Mi dia un'angoscia di pollo''.
Filosofo tormentato e nichilista: ''Gianni Vittima''.
Leggere tra le righe è qualità intermittente.