Da tempo m'ero ripromesso di tornare a scrivere qualcosina sul cinema. Il documentario Zidane, a 21st century portrait me ne ha offerto il destro. La mia non vuole però essere una recensione, quanto una raccolta di suggestioni e pensieri sorti durante la visione del suddetto film.
(00.51) Faccia a faccia, il più vicino possibile, per l'intera durata, per il tempo che ci vuole.
- Le etichette musicali mi hanno sempre lasciato perplesso, ma per la musica dei Mogwai che accompagna magistralmente l'inizio del film non potrebbe esserci definizione più azzeccata di "musica per l'interno". Solo alla band scozzese poteva riuscire l'impresa di trasformare un'occasione tutt'altro che intimistica come una partita di calcio in un'esperienza introspettiva.
(04.38) La prospettiva televisiva rende tutto così innocuo, quasi ridicolo. Basta questo stacco brusco per rendercene conto. Ciò che appare come lo stadio, la folla, le azioni in campo prima di esso non corrispondono a ciò che sono realmente.
- L'impatto visivo con la folla è rimandato fino a 08.24. Non si può non restare impressionati dalla quantità di persone 'ammansite' dalla partita. Canetti in Massa e potere descrive bene questo fenomeno:
"Masse statiche di tipo passivo si formano nei teatri. La situazione ideale è che si
reciti dinanzi a una sala piena. Il numero desiderato di spettatori è dato
fin da principio. Essi si radunano da soli; con l’eccezione di limitati
ristagni alle casse, ciascuno raggiunge la sala per conto proprio. Ai singoli
posti, però, si è accompagnati. Tutto è prestabilito: il pezzo che verrà
rappresentato, gli attori che andranno in scena, l’ora dell’inizio e gli
spettatori stessi ai loro posti. I ritardatari sono accolti con leggera
ostilità. Come un gregge addestrato, gli uomini restano seduti tranquilli e in
infinita pazienza. Ciascuno però è ben cosciente della propria singola
esistenza; egli ha pagato e si rende conto esattamente di chi gli siede a
fianco. Prima dell’inizio egli osserva tranquillamente la fila di teste
radunate: esse risvegliano in lui una sensazione piacevole, ma non troppo
pressante, di concentrazione. L’eguaglianza fra gli spettatori consiste
essenzialmente nel fatto che essi accolgono tutti passivamente la medesima
realtà che giunge dal palcoscenico. Ma le loro reazioni spontanee sono ora
limitate a ciò. Lo stesso applauso ha i suoi momenti predeterminati; spesso
infatti si applaude solo quando è il momento di applaudire. Dalla sola forza
dell’applauso possiamo dedurre quanto una massa si sia costituita; l’applauso è
la sola misura di ciò, ed è valutato così dagli stessi attori.
Lo staticizzarsi in teatro è divenuto rito in tale misura da
imporsi come moderata pressione dall’esterno, che tocca non profondamente gli
uomini e in ogni caso dà loro difficilmente la sensazione di un’interna unità e
omogeneità. Non si deve però dimenticare quanto grande e comune sia l’attesa, mentre gli spettatori restano
seduti, e in quale misura continui durante l’intera rappresentazione. Soltanto
raramente essi lasciano il teatro prima della fine; anche se sono stati delusi,
resistono; ciò presuppone però che fossero legati insieme fino a quel momento.
Il contrasto fra la quiete degli spettatori e l’attività
rumorosa dell’organizzazione cui sottostanno è ancora più evidente nei concerti. In tali casi ciò che conta più
di tutto è l’assenza di ogni disturbo. Ogni movimento è escluso, ogni rumore
biasimato. Mentre la musica, che viene eseguita, vive per buona parte del
proprio ritmo, non si deve avvertire nulla del suo effetto ritmico sugli
uditori. Le reazioni affettive suscitate dalla musica in uno scambio continuo
sono del tipo più vario e intenso. Si esclude che esse non vengano percepite
dalla maggior parte dei presenti, e si esclude che non vengano percepite simultaneamente da tutti. Vengono però a
mancare tutte le reazioni esterne. Gli uomini rimangono seduti immobili, come
se riuscissero a non sentire nulla.
Evidentemente, in tal caso, è stata necessaria una lunga educazione artistica
alla staticità, educazione i cui risultati ci sono divenuti abituali.
Osservando con spregiudicatezza, nella nostra vita culturale ci sono pochi
eventi così stupefacenti come il pubblico dei concerti. Gli uomini che
subiscono la musica in modo naturale,
si comportano ben diversamente; e coloro che non avessero mai udito musica,
potrebbero cadere nell’eccitazione più sfrenata quando la sperimentassero per
la prima volta. Quando i marinai che sbarcavano eseguivano la Marsigliese
dinanzi agli indigeni della Tasmania, questi ultimi esprimevano la loro
soddisfazione con strane contorsioni e gesti stupefacenti, in modo da costringere
i marinai a torcersi dalle risa. Un giovane particolarmente entusiasmato si
strappò i capelli, si grattò la testa con ambo le mani e lanciò ripetutamente
alte grida.
Un misero resto di scarica fisica è sopravvissuto anche nei
nostri concerti. L’applauso è offerto come ringraziamento agli esecutori: un
rumore breve e caotico in cambio di uno lungo e ben organizzato. Se l’applauso
manca del tutto ci si allontana quietamente così come si stava seduti; tanto si è già immersi nella sfera del
raccoglimento religioso" (E. Canetti, Massa e
potere in Opere 1932 – 1973, Bompiani, Milano 1990, pp. 1011-1013).
- Paradossalmente nei momenti in cui non tocca il pallone Zidane diventa, da protagonista assoluto del film, pretesto per osservare quanto avviene attorno a lui.
- (09.37) Bellissimo il particolare dei passi di Zidane. Non trascina i piedi, accarezza il prato.
- Il continuo sottofondo dei tamburi e dei cori degli ultrà ha un qualcosa di regressivo-ipnotico.
- (06.44) L'espressione del volto di Zidane. Sembra voglia essere in qualsiasi altro posto piuttosto che lì.
- I testi meritano di essere riportati per intero. Anche perché sembrano essere i pensieri che Zidane ha realmente in quei momenti.
(06.58)
Da bambino,
avevo una telecronaca nella testa
quando giocavo.
Non era la mia voce.
Era la voce di Pierre Cangioni,
un telecronista degli anni '70.
Ogni volta che sentivo la sua voce,
correvo verso la tv.
Quanto più vicino potevo arrivare.
Quanto più a lungo potevo restarci.
Non che le sue parole
fossero così importanti,
ma il tono,
l'enfasi,
l'atmosfera,
erano tutto...
(09.22)
Quando metti piede in campo,
puoi udire e percepire,
la presenza del pubblico.
C'è un suono.
Il suono del rumore.
(11.00)
Quando sei immerso nel gioco,
non senti realmente il pubblico.
Puoi quasi decidere da solo
cosa vuoi sentire.
Non sei mai solo.
[Da notare la perentorietà. Vorremmo essere soli ma non possiamo. Heidegger definiva questa dimensione esistenziale 'essere-con-gli-altri': per quanto vorremmo essere da soli, sappiamo di essere da sempre in mezzo ad altri Esserci. Ed anche i momenti di solitudine che riusciamo a ritagliarci sono soltanto delle momentanee sospensioni, incapaci di scalfire la nostra dipendenza dagli altri].
Posso sentire
qualcuno che si gira sulla sua poltroncina.
Posso sentire
qualcuno tossire.
Posso sentire qualcuno bisbigliare
all'orecchio della persona
che gli sta accanto.
Posso immaginare
di riuscire a sentire il ticchettio
di un orologio.
(14.10)
Forse, se le cose stanno andando male,
diventi cosciente
delle reazione della gente.
Quando non sta andando bene...
ti senti meno coinvolto
ed è più facile sentire gli insulti,
i fischi.
Cominci ad avere pensieri negativi...
a volte vorresti dimenticare.
La partita, l'evento, non è necessariamente
vissuto o ricordato in 'tempo reale'.
I miei ricordi di partite ed eventi
sono frammentati.
[Non esiste un solo modo di esperire il tempo. Bergson ne aveva parlato con la sua distinzione tra tempo 'spazializzato' (lo scorrere lineare degli attimi che contraddistingue l'esperienza comune), ed il tempo della 'durata interiore' (la particolare esperienza durante la quale i nostri stati d'animo si compenetrano, si richiamano l'un l'altro generando questa sensazione di maggiore densità e complessità)].
(00.20) A volte, quando arrivi allo stadio,
senti che tutto.
è già stato deciso.
Il copione è già stato scritto. [Stoico questo Zidane!]
- (01.06) Il rigore per il Villareal non poteva arrivare in un momento migliore.
- (02.06) La pesantezza di questo silenzio.
- (06.34) Mi ricordo giocare in un altro luogo,
in un altro tempo,
dove successe qualcosa di sorprendente.
Qualcuno mi passò la palla,
e prima ancora di toccarla,
sapevo esattamente quello
che stava per accadere.
Sapevo che stavo per segnare.
- (08.26) L'ovazione al gol mancato. Questo è un film più da ascoltare che da vedere.
- (09.00) La musica dei Mogwai diffusa dagli altoparlanti dello stadio è un colpo di genio del regista.
- (09.14 - L'intervallo forse è un po' forzato)
Il marionettista dà vita a Bob Marley
nello spettacolo di marionette
della spiaggia di Ipanema.
Centinaia di case sono distrutte
in Serbia-Montenegro
durante la peggiore alluvione
degli ultimi 40 anni.
Elian Gonzalez parla
alla tv di stato cubana.
Il collaudo finale
dell'Airbus 380 sulla pista di Tolosa.
Una maratona di lettura di 48 ore
del 'Don Chisciotte'
per celebrare
i 400 anni del libro di Cervantes.
Pubblicazione online di una serie
di nuovi videogiochi.
Un caccia in scala 1:1
del set di 'Guerre Stellari'
è all'asta su eBay.
La nave spaziale 'Voyager'
registra suoni ad onda plasmatica
ai confini della zona
d'urto del vento solare.
Centinaia di rospi si gonfiano
fino al triplo della loro dimensione
normale ed esplodono
in uno stagno in Germania.
Un'autobomba a Najaf, Iraq,
fa 9 vittime nell'onda di una escalation
di attacchi.
Sir John Mills,
22 febbraio 1908 - 23 aprile 2005.
L'invio di un team di specialisti
per il salvataggio dei lavoratori
intrappolati
dopo l'esplosione in una miniera in Turchia.
Mio figlio aveva la febbre stamattina.
Il picchio avoriato
che si credeva estinto dal 1920,
è stato avvistato nel nord America.
Ho qualcosa da fare oggi...
Il summit asiatico-africano
si è concluso a Jakarta.
(13.00) Il respiro pesante di Zidane. Tutto si regge ancora una volta sul suono.
(07.37) Se Forlàn avesse segnato si sarebbe messa veramente male per il film.
(12.28) La stanchezza nel volto di Zizou, il suo andare avanti e dietro per il campo. Sembra un continuo, inutile fare e disfare. Qoelet approverebbe.
(00.33) Le luci fanno sembrare il Bernabeu un'astronave sospesa nel tempo e nello spazio.
(01.05) L'azione dell'assist di Zidane ha un qualcosa di travolgente. Mi ha ricordato questa frase di Artaud sul suo teatro: "Non ci rivolgiamo allo spirito o ai sensi degli spettatori, ma a tutta la loro esistenza. Alla loro e alla nostra. Giochiamo la nostra vita nello spettacolo che si svolge sulla scena. Se non avessimo ben chiara e profonda coscienza che una parte della nostra vita vi è impegnata, non riterremmo necessario proseguire la nostra esperienza. Lo spettatore che viene da noi sa di venire a sottoporsi a una operazione vera, dove sono in gioco non solo il suo spirito ma i suoi sensi e la sua carne. Andrà ormai a teatro come va dal chirurgo o dal dentista. Con lo stesso stato d'animo, pensando ovviamente di non morire per questo, ma che è una cosa grave e che non ne uscirà integro" (A. Artaud, Il teatro e il suo doppio, Einaudi, Torino p. 7).
- Ad assist compiuto (e che assist!) Zidane non festeggia (nel secondo gol, lo fa quasi controvoglia). Forse la pressione di dover vincere a tutti i costi rende la vittoria meno speciale.
(05.20) Tra gli 'attori non protagonisti' una menzione speciale va fatta per Roberto Carlos. Gli è riuscita un'impresa non da poco: far sorridere Zizou.
(07.44) L'ira funesta di Zidane. Non poteva esserci un finale migliore. Zizou impotente che attende la decisione dell'arbitro. C'è un qualcosa di Joseph K in lui. L'abbraccio dei compagni. L'ovazione dello stadio. La coscienza di aver dato il massimo. Il suo addio a "le carré vert". La sua uscita solitaria.
(09.16) La magia a volte è molto vicina
al nulla assoluto.
Niente di niente.
Quando mi ritirerò
mi mancherà il verde del campo di gioco,
'Le carré vert'.
(01.05) L'azione dell'assist di Zidane ha un qualcosa di travolgente. Mi ha ricordato questa frase di Artaud sul suo teatro: "Non ci rivolgiamo allo spirito o ai sensi degli spettatori, ma a tutta la loro esistenza. Alla loro e alla nostra. Giochiamo la nostra vita nello spettacolo che si svolge sulla scena. Se non avessimo ben chiara e profonda coscienza che una parte della nostra vita vi è impegnata, non riterremmo necessario proseguire la nostra esperienza. Lo spettatore che viene da noi sa di venire a sottoporsi a una operazione vera, dove sono in gioco non solo il suo spirito ma i suoi sensi e la sua carne. Andrà ormai a teatro come va dal chirurgo o dal dentista. Con lo stesso stato d'animo, pensando ovviamente di non morire per questo, ma che è una cosa grave e che non ne uscirà integro" (A. Artaud, Il teatro e il suo doppio, Einaudi, Torino p. 7).
- Ad assist compiuto (e che assist!) Zidane non festeggia (nel secondo gol, lo fa quasi controvoglia). Forse la pressione di dover vincere a tutti i costi rende la vittoria meno speciale.
(05.20) Tra gli 'attori non protagonisti' una menzione speciale va fatta per Roberto Carlos. Gli è riuscita un'impresa non da poco: far sorridere Zizou.
(07.44) L'ira funesta di Zidane. Non poteva esserci un finale migliore. Zizou impotente che attende la decisione dell'arbitro. C'è un qualcosa di Joseph K in lui. L'abbraccio dei compagni. L'ovazione dello stadio. La coscienza di aver dato il massimo. Il suo addio a "le carré vert". La sua uscita solitaria.
(09.16) La magia a volte è molto vicina
al nulla assoluto.
Niente di niente.
Quando mi ritirerò
mi mancherà il verde del campo di gioco,
'Le carré vert'.
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