venerdì 13 maggio 2011

Disperati ululati impolitici

“Dovunque, in ogni tempo c’è stato gran malcontento contro i governi, le leggi e le pubbliche istituzioni; ma per la maggior parte è stato solo perché si è sempre pronti a far pesare su di quelli la miseria che è la compagna inseparabile dell’umana esistenza, in quanto essa è, per dirlo coi miti, la maledizione che colpì Adamo e tutto il seme con lui. Eppure mai quel miraggio ingannevole è stato manovrato in maniera tanto subdola e sfacciata quanto dai demagoghi del presente. Costoro sono infatti, in quanto nemici del cristianesimo, degli ottimisti: il mondo per loro è ‘fine a se stesso’, cioè, per sua natural conformazione, disposto a meraviglia, è la vera dimora della felicità. Invece i suoi mali, strazianti e infiniti, li ascrivono tutti ai governi; ché, se quelli, dicono, facessero il loro dovere, avremmo il paradiso in terra, vale a dire tutti potrebbero ingozzarsi, sbevazzare, moltiplicarsi e crepare senza la minima pena o fatica: infatti questa è la parafrasi del loro ‘fine a se stesso’, la mèta di quell’’infinito progresso dell’umanità’ che non si stancano di annunciare col loro pomposo frasario”.


Questo incipit tratto dalla Dottrina giuridica e politica di Schopenhauer mi aiuta ad introdurvi al tema di un nuovo intervento. L'ispirazione mi è stata fornita, oltre che dalla solita sensazione di bombardamento mediatico-politico in tempi di campagne elettorali, dalla lettura delle frizzanti Considerazioni di un impolitico di Thomas Mann. Ma prima una doverosa una premessa: non sono né un filomonarchico né simpatizzo per idee anarchiche o quant'altro. Credo anzi che la democrazia sia l'unico assetto statale che possa assicurare una qualche parvenza di libertà. Del resto, basta guardare a quante persone stanno combattendo in Africa e Medioriente per avere quello che noi già abbiamo per capire che non vi sono alternative migliori alla "demoretoricrazia", come la definisce sprezzantemente il Mann delle Considerazioni. Dunque, prendete quest'intervento come un momento di "intollerabile lucidità" (per citare il caro Cioran) o, se volete, come il pretesto per mettere ironicamente in luce i difetti della vecchia democrazia occidental-style. Del resto, come scrive lo stesso Mann, "parlare del contrario di una cosa è un'altra maniera di parlare della cosa stessa, una maniera anzi, che può servire benissimo a capirla concretamente".


E riguardo ai difetti della democrazia credo che anche voi, come me, sopportiate con difficoltà le alte dosi di retorica, demagogia, moralismo che poi implodono con straordinaria facilità in squallide aggressioni verbali (e non solo) a cui ormai assistiamo rassegnati. A tal proposito Mann scrive: "Il politico fa in modo di aprire fra se stesso e ogni animo sensibile contrario alla sua 'dottrina' tutto l'abisso che separa la virtù dalla depravazione. La solidarietà e fraternità di tutti gli uomini dello spirito che egli va proclamando, sono fraternità e solidarietà molto esclusive; escludono infatti severissimamente tutto quello che è altro da lui, escludono dubbi e contestazioni. Quel che gli preme non è uguaglianza di rango e valore, nè il fattore umano, bensì l'uniformità delle opinioni e la capacità di farle valere. Per questo si circonda di cervelli subalterni, di persone da cui non deve temere di essere nè contraddetto nè ostacolato, e tanto meno offeso. Egli ha bisogno di avere ragione. In questa maniera però si addormenta per sempre la coscienza, svanisce a poco a poco l'amore per il vero e per il giusto, e presto si giunge a quel grado di corruzione e di bigotteria dove a tutti coloro che non giurano fedeltà alla 'dottrina' è lasciata la scelta di considerarsi dei farabutti o dei mentecatti. Ecco la libertà di spirito come la intende il politico. Ecco la "solidarietà di tutti gli uomini dello spirito" come l'ha in mente lui. E dire che un tale fariseismo rigido e gelido va in giro a predicare l'umanità...".


"Lo Stato democratico è tanto poco diretto a combattere l’egoismo come tale, che anzi si è formato dall’egoismo di tutti, i quali, agendo in perfetta intesa e con metodo, sono passati dal punto di vista privato a quello generale, per cui la somma dei singoli egoismi si è costituita in un egoismo comunitario. […] “Una costituzione statale in cui si attuasse il diritto astratto, sarebbe una cosa eccellente per altri esseri che non fossero gli uomini; siccome la grande maggioranza degli uomini è per natura massimamente egoista, ingiusta, senza scrupoli, menzognera, talvolta anche malvagia e, in più, di ben meschina intelligenza, nasce la necessità di una forza concentrata in un solo uomo, posta anche al di sopra delle leggi e del diritto, esente da qualsiasi responsabilità. Soltanto così, a lungo andare, l’umanità può essere tenuta a freno e governata”.


E aggiunge ancora:"Ogni uomo di pochi discorsi, amante della verità e dotato di un onesto pessimismo dunque riconoscerà seriamente l’eterna inconciliabilità del conflitto tra la società e l’individuo. Riconoscerà che la vita sociale è e rimane la sfera della necessità immediata, del compromesso, delle antinomie irriducibili; parlerà di patetico inganno dei popoli, quando l’educazione illuminata a fondo positivistico promette la realizzazione di un’armonia degli interessi sociali e individuali tramite quell’impossibile demarcazione dei ‘diritti’ del singolo nei confronti degli uguali ‘diritti’ degli altri, e dunque la ‘libertà’, il ‘benessere individuale’, la ‘felicità’. Questo non è un motivo per incrociare le braccia; è motivo tuttavia per negare, su un piano spirituale, l’ubbidienza all’illuminismo politico. La sua untuosa nobiltà d’animo, la sua devozione compiaciuta ripugneranno a un uomo schietto, non solo perché egli capisce che la ‘felicità’ assicurata da tale illuminato messaggio è irraggiungibile, ma anche perché come ‘felicità’ gli sembra tutt’altro che desiderabile, anzi, del tutto indegna dell’uomo, in contrasto con lo spirito e con la cultura, ruminante e pacifica come mucche al pascolo e fondamentalmente senza anima".


Insomma, ride bene chi ride ultimo: e così anche noi, in quanto "popolo sovrano" siamo bersaglio delle ironie manniane: "Il popolo è giusto, saggio e buono. Tutto quello che fa è virtuoso e vero, per nulla esagerato, errato o delittuoso". Era Robespierre. Siamo di nuovo a quel punto? E' di nuovo a tal punto il nostro giudizio tiranneggiato dai tempi, da prendere per verità questa disgustosa santimonia? [...] Signore Iddio, il popolo! E' il popolo che sulle piazze canta e grida quando scoppia una guerra, ma incomincia a brontolare, a lamentarsi per dire che la guerra è un'impostura, se dura troppo e impone privazioni. Allora, se può, fa la rivoluzione; ma non di sua iniziativa, giacchè per le rivoluzioni ci vuole lo spirito e il popolo, di spirito, non ne possiede un granello. Non possiede che la violenza, unita all'ignoranza, alla stupidità e alla stortura". [...] Voi ritenete che il popolo abbia una mentalità progressista? "La tendenza del gregge" - dice Nietzsche - "è sempre a lasciare le cose come sono; non ha in sè nulla di creativo". Questa è una teoria a cui risponde il fatto spesso constatato che non c'è al mondo tanta inclinazione all'inerzia quanta nel popolo più basso, che l'ideale dell'assoluta inazione è tipico della classe che a malincuore si assume il titolo di 'lavoratrice'".


"Il popolo come entità che non sa governare né si lascia governare non è un prodotto dei tempi moderni. E’ stato e sarà sempre così. Questa situazione tormentosa è di tutti i tempi e di tutti i paesi. E non meno internazionali sono i palliativi usati per porvi rimedio: si chiamano politica interna, Parlamento, ‘democrazia’. [...] I capi, penso, vanno considerati come gli esponenti di una collettività; biasimare loro vuol dire biasimare se stessi, e allora forse si farebbe meglio a biasimare direttamente se stessi. Detesto il metodo di buttare la colpa su qualcuno, di ostracizzarlo, detesto gli sproloqui dei politicanti e la loro mania di prendersela con i ‘responsabili’, quel criticare da piazza tanto di moda fra i popoli latini, il loro “Piove? Abbasso il governo!”. Rincarando poi la dose nuovamente con Schopenhauer: "un sovrano eternamente minorenne che in conseguenza deve sottostare a una tutela permanente e non potrà mai da solo amministrare i propri diritti senza provocare infiniti pericoli; tanto più che, come tutti i minorenni, diventa facilmente lo strumento di insidiosi malfattori che appunto perciò si chiamano demagoghi”.


Forse "c'hazzeccato" ancora...

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