lunedì 6 settembre 2010

Eugenio Bennato - Italia minore

"Questione meridionale", "terroni": da sempre veniamo chiamati in causa con queste due paroline. Periodicamente alcuni soloni del mondo politico o della classe intellettuale (ovviamente settentrionale) si affannano a proporre le loro geniali trovate per risolvere questo "problema", come se gliene importasse davvero. Sono anni che parole come federalismo fiscale o cassa-banca (casciabancu sarebbe più appropriato) del Mezzogiorno sono sulla bocca di politici di qualsiasi colore e fazione. Il tutto viene poi infarcito da una dilagante ignoranza: ignoranza del fatto che la "questione meridionale" è nata proprio con l'unità d'Italia, circa 150 anni fa.

Ora, senza alimentare sterili polemiche filo-settentrionalisti o filo-meridonalisti che lasciano il tempo che trovano (perchè già siamo con le pezze al sedere con l'Italia attuale, figuriamoci se ci separiamo), quello che mi preme sottolineare da tutto ciò è che il Sud, l' "Italia minore" come qui viene definita da Eugenio Bennato, non è sempre e soltanto l'ultima ruota del carro; non è sempre e soltanto esportatrice di mafia-'ndrangheta e camorra.

Eravamo e siamo la culla della cultura italiana. Eravamo e siamo la sorgente della poesia e della musica più raffinate che siano mai state prodotte nel nostro Paese. Per questo vi propongo questo brano di Eugenio Bennato che, pur essendo una semplice canzone, riesce a sintetizzare magistralmente tutta la sofferenza e il dolore che da sempre noi, figli diversi del Sud, abbiamo imparato a sopportare: alcuni per la lontananza dalla loro terra; altri per la paura di essere discriminati o additati come mafiosi o terroni; altri ancora perchè in questa terra vogliono restarci per aiutarla a rialzarsi ma che, spesso sono costretti ad arrendersi. Lasciamoci cullare per un attimo dalla nostra musica popolare: autentica e preziosa come può esserlo solo ciò che abbiamo di più caro.

(Mi scuso sin da adesso per eventuali errori nel testo e per non aver messo le parti cantate in dialetto: ho dovuto fare la trascrizione di mio pugno ed ho preferito evitare di mettere cose a muzzo).



Grande poeta di povera gente
figlio diverso del sud dell'Italia
la tua canzone è un mendicante
che è passato dalla notte sull'aia.

La tua canzone, la povertà
è la canzone più bella che c'è.

Tu che ci parli di una fontana,
di una cometa e di un aquilone,
il tuo dialetto è una musica strana
perchè appartiene a un' Italia minore.

Ma la canzone della povertà
è la ricchezza che porti con te.

Grande poeta di povera gente,
figlio diverso del sud dell'Italia,
la tua canzone è un emigrante
che va a cercare fortuna in Germania.

La tua canzone, la povertà
è la canzone più bella che c'è.

Secoli e secoli di lontananza
da ogni potere, da ogni padrone.
Musica anonima senza importanza
per chi appartiene a un' Italia minore.

Ma la canzone della povertà
è la ricchezza che porti con te.

E' l'Italia che tu canti,
è l'Italia che tu suoni,
la canzone dei briganti,
la canzone dei terroni.

Le finestre degli amanti
e la luna eccezionale
di chi dorme sotto i ponti
della musica popolare.

In questa Italia distratta ed assente
rincoglionita di televisione,
c'è un'altra Italia controcorrente
e ognuno sceglie la propria canzone.

La tua canzone, la povertà
è la canzone più bella che c'è.

La tua poesia è una nave pirata
e io che mi sento pirata nel cuore,
io voglio perdermi nella tua strada,
fiero di essere Italia minore.

Ma la canzone della povertà
è la ricchezza che porti con te.

E' l'Italia che tu canti
è l'Italia che tu suoni,
la ricchezza che nascondi
nelle povere canzoni.

La tua arte che i mercanti
non potranno mai comprare
i rubini e i diamanti della musica popolare.

E' l'Italia che tu canti,
è l'Italia che tu suoni,
la canzone dei briganti,
la canzone dei terroni.

Le finestre degli amanti
e la luna eccezionale
di chi dorme sotto i ponti
della musica popolare.

1 commento:

  1. Concordo in pieno con quanto dici sopra. La canzone poi è semplicemente stupenda.

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