lunedì 20 settembre 2010

Kant e l'esistenza di Dio

Domanda da un milione di dollari: Dio esiste?
Ce lo chiediamo in tanti, soprattutto chi si rifiuta di farsi imporre cosa pensare-fare-credere da una qualsiasi istituzione ecclesiastica o dogma prestabilito. E se lo chiedeva anche Immanuel Kant che, suo malgrado, assieme ad Hegel, ha contribuito a terrorizzare generazioni intere di studenti, facendoli scappare a gambe levate dalla filosofia. Ma qui la colpa non è nè di Kant, nè di Hegel, nè degli studenti (chi fa con piacere una cosa a cui è obbligato?). Ma torniamo in tema: Kant riflette sull' esistenza di Dio nella sua celeberrima Critica della ragion pura, nella quale s'era appunto proposto di criticare e ricostruire la metafisica (ovvero "la naturale disposizione della umana ragione a procedere oltre i limiti dell'esperienza e del sensibile") su delle basi "scientifiche" che consentissero quantomeno di ridurre il caos in cui versava quest'infruttuosa disciplina del sapere umano.


Per fare ciò, Kant riteneva essenziale smascherare alcune pseudo-questioni che hanno occupato la metafisica su questioni impossibili da risolvere, a causa dei limiti evidenti dell'umana specie. E tra questi vi figura anche la teologia e le varie prove per dimostrare, razionalmente, l'esistenza di Dio. L'idea trascendentale di Dio è importantissima non solo all'interno della riflessione metafisica, ma proprio per tutta la nostra esistenza, dato che si tratta dell' "Essere primo perfettissimo che, sebbene non possa essere pensato nell'esperienza, pure è pensato in servizio dell'esperienza per poter concepire la connessione, l'ordine e l'unità di essa". Il problema sorge quando si cercano delle prove concrete dell'esistenza di Dio: allora, non avendo riscontro con la realtà fattuale, ci abbandoniamo all'immaginazione, staccandoci dalla stessa esperienza, per poi cercare di tornarvi in un non precisato modo pur di soddisfare il bisogno insopprimibile della nostra ragione di "ordine, sistematicità, compiutezza e unità sintetica". Tre sono state le dimostrazioni "oggettive" che avrebbero dovuto dimostrare l'esistenza di Dio:


La prova ontologica: essendo Dio l'Essere supremo e perfettissimo non può essere manchevole di qualcosa, specialmente dell'esistenza. Kant obietta però che non è possibile saltare così liberamente dal piano della possibilità logica a quella ontologica, dato che l'esistenza di qualcosa si può constatare solo per via empirica.

La prova cosmologica: si parte dal fatto che, dato che tutta la realtà procede secondo legami di causa-effetto, deve esistere un primo "anello" incausato, necessario. Ma, per Kant, anche questa prova si basa su un salto logico simile a quello della prova ontologica. Inoltre, anche la presunta oggettività del legame della causalità interno alla realtà è una congettura da dimostrare.

La prova fisico-teologica: dato che nella natura risplende l'ordine, la finalità e la bellezza si passa poi ad affermare che deve necessariamente esistere una "mente ordinatrice", il Dio creatore, perfetto ed infinito. Kant ritiene inaccettabile anche questa dimostrazione, dato che dà per scontato l'ordine del mondo, per poi riferirlo ad una causa trascendente (ammesso e non concesso che potrebbe trattarsi di un ordine immanente alla natura).


Quindi Kant era ateo? Guai a dirlo! Con tutto questo ambaradàn egli voleva dimostrare che la ragione umana non può dimostrare con assoluta certezza nè l'esistenza di Dio, nè la sua non-esistenza. Ma quindi, che senso o, se preferite, che "utilità" ha la metafisica secondo Kant? Lasciamo che sia lui a risponderci:
"Chi può starsene contento alla semplice conoscenza che ci dà l'esperienza in tutte le quistioni cosmologiche della durata e grandezza dell'universo, della libertà o della necessità naturale? [...] La metafisica, nei cimenti dialettici della ragione pura, ci porta ai limiti; e le idee trascendentali, appunto perchè da una parte non se ne può fare a meno, e dall'altra non si lascian mai realizzare, servono non solo a mostrarci realmente i limiti dell'uso puro della ragione, ma anche il modo di determinarli; e questo è lo scopo e l'utilità di questa disposizione naturale della nostra ragione, la quale ha generata, come sua figlia prediletta, la metafisica. La metafisica, nei suoi tratti fondamentali, è posta in noi dalla natura stessa forse più di qualunque altra scienza; e non può affatto essere considerata come il prodotto di una scelta fatta ad arbitrio, o di una fortuita estensione nel procedere delle esperienze".

2 commenti:

  1. Ciao! Posso chiederti per favore da che opera hai preso l'ultima citazione "Chi....esperienze"? Grazie mille!

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  2. Si tratta di I. Kant "Prolegomeni ad ogni futura metafisica che potrà presentarsi come scienza", Laterza 2006, p. 227-231

    ps:scusa per il ritardo nella risposta

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