mercoledì 16 febbraio 2011

Marco Aurelio on bus

Esco di casa alle nove e un quarto. Dovrei essere all'università alle nove e mezza. "Pazienza - dico tra me e me - farò dieci minuti di ritardo". Salgo sull'autobus. Dopo qualche minuto si capisce che qualcosa non va: una coda disumana si snoda su tutto il Ponte della Libertà. Si sparge la notizia sull'autobus: "C'è un corteo di operai che hanno bloccato il traffico per difendere il loro posto di lavoro" (di questi tempi, niente di nuovo sotto il sole). Preoccupazione, sdegno, insofferenza si impadroniscono delle persone a bordo del mezzo pubblico: chi si lamenta, chi telefona al capo, chi ne approfitta per recuperare un pò di sonno, chi impreca senza troppi complimenti. E anch'io inizio a pensare al mio ritardo che è aumentato almeno di un'ora. Allora, per distrarmi un pò e per ammazzare il tempo inizio a leggere i Pensieri di Marco Aurelio.

Il tempo della vita umana è un punto, la sua sostanza flusso, la sensazione è oscura, l'intero composto fisico facile a corrompersi, l'anima erramento, la sorte realtà indecifrabile, la fama incerta; per dire in breve, tutto quanto attiene al corpo è fiume, quanto riguarda l'anima è sogno e vanagloria, e la vita guerra e viaggio di uno straniero, oblio la fama presso i posteri. Che cosa, dunque, può accompagnarci nel vivere? Una sola ed unica realtà: la filosofia. E questa consiste nel conservare il dèmone interiore [felicità in greco = eudaimonia, 'spirito buono'] al riparo da violenza e danno, più forte di piaceri e dolori, tale da non fare alcunchè in modo capriccioso o seguendo menzogna e ipocrisia o non faccia qualcosa; e, ancora, capace di accogliere quel che avviene ed è assegnato come proveniente da quello stesso luogo da cui anch'egli è venuto e sopratutto capace di attendere la morte con lieto pensiero. Perchè essa avviene secondo natura e niente che avvenga secondo natura è male. (II, 17)

Non agire controvoglia, nè contro il bene pubblico, nè senza ponderazione nè in modo titubante; e neppure orna l'intelletto con ricercata eleganza; non essere verboso nè troppo affaccendato. Serena luminosità dentro e nessun bisogno dall'esterno del soccorso e della tranquillità che altri possono dare. Diritti bisogna stare, non tenuti diritti. (III, 5)

Cercano per sè dei ritiri in campagna, sulle rive del mare, sui monti; anche tu sei solito desiderare fortemente siffatti luoghi. Ma tutto è quanto mai stupido, perchè ti è lecito, in qualunque momento lo desideri, ritirarti in te stesso. E in nessun luogo un uomo si può ritirare più tranquillamente e con meno problemi che nella sua anima, soprattutto chi ha dentro di sè tali valori che, piegatosi a contemplarli, subito si trova pienamente a suo agio; e parlando di agio nient'altro voglio significare se non uno stadio di ordine e decoro. [...] Infine, ricordati di ritirarti in questo campicello che ti appartiene e, prima di ogni cosa, non tormentarti, non crearti tensioni, sii libero e guarda alle cose come un vivente mortale.(IV, 3)

Fà poche cose se hai l'intenzione di ottenere la tranquillità. Non è meglio fare le cose necessarie e quante richiede la ragione del vivente? Ciò non solo produce la tranquillità che viene dal fare nobilmente, ma anche quella che viene dal fare poche cose. Se infatti si togliessero di mezzo la maggior parte delle cose che diciamo e facciamo, che non sono necessarie, si avrebbero più agio e tempo e si sarebbe meno perturbati. E bisogna togliere di mezzo non solo le azioni non necessarie, ma anche le rappresentazioni; perchè così neppure azioni superflue conseguiranno. (IV, 24)

Un fiume di accadimenti e un flusso impetuoso è il tempo: ciascuna cosa, non appena è vista, già è trascinata via, e un'altra viene trasportata che, a sua volta, è destinata a essere portata via. (IV, 43)

Sii simile a un promontorio, contro di cui di continuo si spezzano le onde. Quello sta eretto e attorno ad esso s'assopiscono i marosi bollenti. "Come sono infelice, perchè mi è capitato questo". No, al contrario: "Come sono felice, perchè, capitatomi questo, continuo a non provare afflizione, nè spezzato dal presente, nè terrorizzato dal futuro". Ricorda, in ogni circostanza che ti spinga a provare angustia, di avvalerti di questo principio, per cui non è questa una sventura, ma, al contrario, è buona ventura il saper sopportare la circostanza con nobiltà. (IV, 49)

Le cose di per sè non toccano per niente l'anima nè hanno accesso all'anima nè possono muoverla o scuoterla; essa sola si muove e scuote e plasma gli eventi esterni in rapporto a sè conformemente ai giudizi di valore che si reputa degna di esprimere su di loro. (V, 19)


D'un colpo, le porte si aprono. Siamo arrivati: la quotidianità ci reclama. Peccato, avrei voluto che quella corsa non finisse più.

1 commento:

  1. Vi allego il link al sito di unive.it dove potrete scaricare materiali didattici relativi a Marco Aurelio e lo stoicismo (tra cui anche la mia relazione seminariale): http://venus.unive.it/matdid.php?utente=maso&base=/materiali+fil.+romana+e+t.+antica+sp.&cmd=dir

    RispondiElimina