martedì 6 luglio 2010

Nietzsche, pregiudizi filosofici

'Posto che la verità sia una donna -, E perchè no? Non ha forse fondamento il sospetto che tutti i filosofi, in quanto dogmatici si intendessero poco di donne? E' certo che essa non si è lasciata conquistare: - e oggi ogni specie di dogmatica se ne sta lì, in atteggiamento abbacchiato e disfatto.
[...] C'è da sperare che la filosofia dei dogmatici sia stata soltanto una promessa per millenni di là da venire. Ora che essa è stata superata, che l'Europa riprende fiato da questo incubo e può almeno godere di un più salutare sonno, siamo noi - cui spetta per compito proprio l'esser desti - gli eredi di tutta quella forza che la lotta contro quest'errore ha fatto crescere rigogliosa'.

Benvenuti nella mente di Friedrich W. Nietzsche. Quella sopracitata è soltanto la prefazione di "Al di là del bene e del male", una delle ultime opere del filosofo contraddistinta soprattutto per la vis polemica contro la morale e il cristianesimo, considerati come gli aguzzini attraverso cui l'uomo è arrivato a porsi contro la vita stessa. Tuttavia, preferisco soffermarmi su un altro aspetto presente in "Al di là..." e non si tratta di qualcosa di marginale. Leggendo il primo capitolo di quest'opera ho avvertito infatti il grande debito che ogni intellettuale ha nei confronti di Nietzsche quando egli afferma: 'La volontà che ha per mira il vero: di quali domande ci ha già fatti consci questa volontà! Ma chi c'è qui propriamente a porci domande? Noi ci siamo interrogati rispetto al valore di questa volontà. Posto che noi vogliamo la verità: perchè non dovremmo desiderare piuttosto la controverità? E la controcertezza? Ed addirittura la controsapienza? [...] Assumere la controverità come modus vivendi: questo significa davvero proporsi un'opposizione di pericolosa natura ai sentimenti abituali con cui la gente soppesa i valori; ed una filosofia, che a tal punto si spinge, per questo sol motivo ben si spinge al di là del bene e del male'.

E' questa forza eversiva, contraria a qualsiasi ovvietà che rende immortale il pensiero di Nietzsche. Non vi sono certezze, nè tranquillizzanti possessi concettuali: la filosofia, ben lungi dall'essere quel regno armonico d'amore per la saggezza, è qualcosa di contorto, di complesso ma di incredibilmente necessario per l'oltreuomo nietzscheano e per la sua irrefrenabile volontà di vivere, sempre in conflitto con pulsioni a lei contrapposte. 'I filosofi - scrive Nietzsche - hanno il vezzo di discorrere della volontà come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo. Tuttavia mi sembra che il volere sia qualcosa di complicato, qualcosa che trova la sua unità soltanto nella parola con cui lo si designa. [...] In ogni atto di volontà c'è un pensiero che comanda; - e non si deve affatto credere di poter separare questo pensiero dal 'volere', come se, dopo aver fatto ciò, restasse ancora una volontà! La volontà non è soltanto un complesso di sensazioni e pensieri, ma è anche e soprattutto una passione: ed è quella passione del comando a tutti ben nota. Quella che viene definita libera volontà è in sostanza una forte emozione, provocata dalla sensazione di avere il completo dominio di colui che deve obbedire. [...] Il nostro corpo non è che una strutturazione di anime conviventi'.

Il filosofo, conscio di tutto ciò 'ha in fin dei conti un diritto al cattivo carattere, in quanto è l'essere che sulla terra è stato beffato al massimo grado, - egli oggi ha il dovere della diffidenza, di sbirciare occhiate maligne fuor d'ogni abisso di sospetto. [...] Perchè mai il mondo non dovrebbe essere una finzione? Non è niente di più che un pregiudizio morale il fatto che la verità abbia più valore dell'apparenza. [...] In quale singolare attitudine al semplicismo, tra quante falsificazioni vive l'uomo! [...] Attenti a voi, filosofi e amici della conoscenza: siete pienamente consapevoli di come non possa avere nessuna importanza il fatto che proprio voi abbiate ragione, e del fatto che fino ad ora nessun filosofo ha mai avuto ragione. Il martirio del filosofo, il suo sacrificio votivo alla verità, costringe a venire alla luce quei caratteri dell'arruffapopolo e del commediante che si annidavano in lui'.

Ma chi è il vero filosofo per Nietzsche? 'Un uomo che costantemente vive, vede, ascolta, sospetta spera, sogna cose fuori dell'ordinario; qualcuno che i suoi stessi pensieri colgono di sorpresa, come venissero da fuori, dall'alto, dal basso, allo stesso modo in cui lo colgono gli eventi e i colpi di fulmine che gli sono peculiari; e forse egli stesso è una tempesta che s'avanza gravida di nuovi fulmini; un uomo fatale, intorno al quale c'è sempre qualcosa che borbotta, rimbomba, precipita e s'avventa con sinistro, perturbante accadere. Un filosofo: vale a dire, ahimè, un essere che spesso sfugge a se stesso, spesso ha timore di sè - tuttavia è troppo curioso per non 'tornare' sempre di nuovo a sè...'

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