"Easy rider" non è solo un film. E' il simbolo di un periodo storico e del movimento hippy che ha ampiamente influenzato quello che siamo oggi. Come giustamente sottolinea Mikal Gilmore dalle pagine di "Rolling Stone" ciò che successe intorno al 1967 è ancora con noi, che ci piaccia o meno. Molto è stato assimilato (la libertà sessuale, la tolleranza verso i cambiamenti nelle convinzioni politiche, la promozione della libertà individuale), tuttavia 'gran parte della nostra storia è stata una reazione, uno sforzo per respingere gli spiriti della trasformazione e della resistenza a quel periodo, per essere certi che nulla di simile possa succedere di nuovo'. Questa premessa di carattere storico era doverosa per contestualizzare al meglio "Easy rider" e per mettere in risalto cosa rappresenta.
Tutto inizia con Billy (Dennis Hopper) e Wyatt (Peter Fonda) che fanno da corrieri della droga per un giovane "altolocato". Il ricavato dell'operazione ha un'unica destinazione: partire, andare lontano, rigorosamente in sella a due chopper. Dopo il simbolico gesto di rottura di Wyatt che scaglia l'orologio il viaggio inizia. Più che la trama a rivelarci il senso del film sono gli incontri che i due protagonisti fanno durante il loro viaggio. Il primo è quello con l'hippy che chiede loro un passaggio per ritornare alla sua comunità. Qui possiamo toccare con mano gli ideali della controcultura del '67: la condivisione, l'amore privo dei vincoli e delle costrizioni sociali, il ritorno alla natura, la droga come fattore unificante ("Quando sarai nel posto giusto con le persone giuste dividetevi questo" dice l'hippy a Wyatt mentre gli dà un acido), la speranza dei giovani di migliorare una società opposta ai loro valori e che li isola ai suoi margini (gli hippy vivono nel deserto e cercano disperatamente di coltivare qualcosa per sopravvivere).
Il ritorno alla "realtà" è brusco sia paesaggisticamente (il passaggio dalle sterminate pianure del deserto alla città) che metaforicamente: Billy e Wyatt vengono arrestati per aver preso parte alla sfilata di una banda in una piccola cittadina. In carcere però fanno una nuova conoscenza con George Hanson (Jack Nicholson). Dopo i primi screzi superficiali (George è un avvocato finito dentro per aver alzato un pò troppo il gomito), fra i tre nasce una sincera amicizia e decidono di partire assieme alla volta di New Orleans in occasione del Martedì grasso.
Il loro progetto però è destinato a infrangersi contro l'intolleranza e la chiusura mentale della cultura conservatrice americana piccolo-borghese. La scena del caffè, gli insulti che i giovani si prendono dallo sceriffo e da altri paesanotti ("Che sono, delle scimmie?";"Facciamoli accoppiare con una battona negra! No, sarebbe troppo per loro") e l'assalto notturno che costerà la vita a George fotografano con crudezza lo scontro fra due generazioni diverse: i genitori che erano convinti che i loro figli avrebbero affermato l'universale valore americano della ricchezza e che avrebbero scongiurato la minaccia comunista anche con la vita (guerra del Vietnam) ed i figli che aveano programmi differenti. Sarà lo stesso George a dire: "Non hanno paura di voi, ma di quello che rappresentate: la libertà".
Dopo la tragica morte del loro amico Billy e Wyatt decidono di raggiungere lo stesso la loro destinazione. Arrivati a New Orleans passeggiano per le vie della città in festa accompagnati da due prostitute e dopo aver preso l'acido in un cimitero iniziano ad avere delle enigmatiche visioni. Alcune di esse riguardano la paura della morte, di quella morte da cui quotidianamente cerchiamo di fuggire perdendoci nelle nostre preoccupazioni. Altre visioni, accompagnate da preghiere, lamenti e da un profondo senso di smarrimento spirituale ed esistenziale, mettono in risalto la totale mancanza di punti di riferimento nella nostra vita (nessuna certezza ci è data, nè la religione, nè la ragione e neanche la ricchezza possono dare al nostro smarrimento alcun conforto).
Arriviamo così al tragico finale: l' uccisione di Billy e "Capitan America" per opera di altri due bifolchi simboleggia il duro scontro e l'inevitabile fallimento della cultura hippy contro una realtà che andava verso una direzione completamente opposta.
In memoria di Dennis Hopper (1936 - 2010)
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